da 'la Repubblica': 'Graffiti, l'ultima rivoluzione, ora le città legalizzano i writers'
Da Milano a Roma, da Bologna a Bari, da Padova a Palermo sono decine le Amministrazioni che stanno concedendo spazi pubblici ai writers, i "graffitari" da strada, che fino a poco tempo fa erano considerati alla stregua di delinquenti e deturpatori delle città.
Da un lato la notizia è positiva, perchè è il riconoscimento esplicito di un'arte "di strada" che ormai da tempo è presente nelle nostre metropoli, la maggior parte delle volte abbellendone il grigiore imperante, e mette al riparo i writers da denunce e multe; dall'altro però tradisce un po' lo spirito di questa forma d'arte nata nell'illegalità e diffusasi come ribellione al grigiore e all'assenza di cultura soprattutto nelle periferie.
E' un po' il percorso costruito a Genova dall'ex assessore Bruno Pastorino, che ha portato al riconoscimento e all'istituzionalizzazione dei Centri Sociali genovesi.
Personalmente non sono contrario a percorsi di inclusione istituzionale di realtà "non omologate", a patto però di non creare una artificiosa divisione tra chi, tra i writers, accetta questa istituzionalizzazione e chi la rifiuta, distinguendo tra writers "buoni" e graffittari "cattivi".
Perchè se è la performance artistica in sè che viene riconosciuta, non è un imprimatur delle istituzioni che la può fare diventare "legale" e migliore di un'altra, fatto salvo il concetto di inaccettabilità del deturpamento di strutture storiche o artistiche, che deve valere per tutti.