da 'IL SECOLO XIX - PUNTI DI VISTA': 'A CHI FANNO PAURA LE UNIONI CIVILI?'

13.08.2012 14:17

La rubrica "PUNTI DI VISTA", sul Secolo di oggi, pubblica un mio intervento; lo riporto integralmente.

L’intervento di Anna Maria Panfili e Giovanni Rocchi, rappresentanti del Forum ligure e genovese delle associazioni familiari, pubblicato su “Il Secolo XIX” di venerdì scorso, testimonia che, per alcuni, i rapporti sociali, giuridici ed etici che si instaurano tra le persone siano immutabili nel tempo.

A supporto della loro preoccupazione sulla possibile istituzione - dopo Milano anche a Genova - di un “registro delle unioni civili”, vengono riportate argomentazioni che non fanno i conti con l’evoluzione che ha subito il “costume” del nostro Paese negli ultimi decenni.

Viene citato l’art. 29 della Costituzione e, addirittura, l’etimologia della parola “matrimonio”, inteso dagli scriventi come “dono della madre: uno dei due deve poter essere madre dei figli dell’altro” (sic!).

Ma, oltre a ciò, non si comprende come il famigerato “registro delle unioni civili” possa “rappresentare una seria insidia alla libertà delle persone”.

Va da sé, infatti, che tale nuovo istituto giuridico non obbliga nessuno ad utilizzarlo, essendo una scelta individuale che due persone esercitano al di fuori del matrimonio, religioso o civile, che ovviamente continuerebbe ad esistere.

E allora diciamolo, qual è il vero problema, senza nascondersi farisaicamente dietro altre motivazioni: è quello dell’estensione dei benefici, giuridici, ma anche economici, oggi destinati alle sole coppie (rigorosamente formate da un uomo e da una donna) legate dal vincolo del matrimonio.

E quindi (orrore!) permettere a giovani coppie non sposate (etero o omosessuali non importa) di accedere alle graduatorie per le case popolari, all’asilo per i propri figli, ai contributi comunali se sotto un certo reddito, alla reversibilità della pensione, al poter seguire il proprio partner in caso di ricovero ospedaliero, ecc.

Ecco, noi invece tutto ciò vogliamo che accada. Vogliamo che due persone, indipendentemente dal loro genere e dalle scelte “istituzionali” possano vivere pienamente la loro relazione affettiva, avvalendosi di diritti civili, senza dover per forza sottostare al “dovere” imposto del vincolo matrimoniale.

E vorremo che per loro (se coppia omosessuale) fosse possibile anche accedere al matrimonio civile, se lo ritengono importante per la loro prospettiva di vita, come succede nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Portogallo, in Canada, in Sudafrica, in Svezia, in Norvegia, in Danimarca, in Islanda, in Argentina, in Messico e in sei Stati USA.

Due ultime annotazioni: il 26 giugno 2011 due omosessuali milanesi sono stati legati dal vincolo del matrimonio dal pastore valdese Giuseppe Platone e il 15 marzo 2012 la Corte di Cassazione, con sentenza 4184/2012, esprimendosi sulla richiesta di una coppia omosessuale sposata all'estero di vedere riconosciuto il matrimonio in Italia, pur negando tale riconoscimento in mancanza di leggi italiane specifiche, ha dichiarato che avevano comunque diritto “ad una vita famigliare (…) [con] un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.

Per fortuna, nonostante Anna Maria Panfili e Giovanni Rocchi, il mondo va avanti.

Maurizio Galeazzo

Responsabile Forum Diritti di SEL Genova